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giovedì 21 luglio 2011

whore's night life





Il fenomeno della prostituzione, in Italia, negli ultimi anni, è aumentato notevolmente, in considerazione anche dei flussi migratori. Da 25 mila prostitute di qualche anno fa, siamo passati a 50 mila di cui 26 mila straniere.


In prevalenza arrivano dalla Nigeria, dall’Albania, dalla Romania, dall’ex Jugoslavia, dal Sud America, dal Nord Africa e dai Paesi dell’Est. Tali donne esercitano la loro attività liberamente o in maniera coatta riduzione in schiavitù sulle strade, negli appartamenti mettendo annunci su riviste e quotidiani.


Rapporti della Caritas ci dicono che le modalità di arrivo in Italia e di conseguenza di esercizio della prostituzione sono diverse a seconda delle etnie. Le ragazze nigeriane sono reclutate al Paese di origine con la proposta di un lavoro in Italia. All’arrivo in Italia vengono “affidate” o “vendute” a “maman”, spesso donne nigeriane ex-prostitute , che sistemano le ragazze in alloggi, decidono il luogo di lavoro e ritirano i guadagni. In Albania le ragazze spesso vengono adescate da un “presunto” fidanzato, che promette lavoro in Italia e altre volte vengono rapite o vendute. Le ragazze non dispongono quasi mai dei propri documenti di identità e nel caso li abbiano sono falsi. E’ necessario aggiungere che le ragazze trafficate in Italia sono sempre più giovani ed è in aumento il numero delle minorenni.



In astratto, certamente il diritto di prostituirsi fa parte della sfera d’autonomia della persona ed esiste in Europa, una prostituzione gestita autonomamente dalle donne. Si tratta però, di un fenomeno marginale rispetto al numero di quelle soprattutto immigrate, che sono impegnate nel mercato del sesso da organizzazioni che nella migliore delle ipotesi, le collocano in condizioni di “dipendenti salariate” con ristretti margini di scelte individuali, pensiamo al SEX-BUSINESS, e nelle peggiori, in condizioni di totale subalternità. La “prostituzione da tratta” al contrario, rappresenta un segmento autonomo e indipendente, con caratteristiche proprie. Il carattere specifico della tratta è determinato dall’alto tasso di coercizione che i trafficanti/sfruttatori esercitano direttamente sulle donne o, indirettamente sulla famiglia delle stesse. Tale fenomeno va specificato, rientra in quella dimensione ancora più particolare e drammatica, quale è il Mercato del Traffico degli esseri umani, che garantisce alle organizzazioni criminali che lo gestiscono, un fatturato di 5-7 miliardi di dollari l’anno. Non a caso, infatti, rappresenta oggi, la terza voce di profitti illeciti delle organizzazioni illegali internazionali, dopo il traffico d’armi e stupefacenti. Questa situazione, ha spinto i governi a ricercare un’armonizzazione legislativa a livello mondiale, per intervenire sia nelle fasi preventive sia in quelle repressive su questo tema.







Il fenomeno della Prostituzione da Tratta, argomento dibattuto nelle diverse sedi politiche e legislative nel nostro paese, e nel resto dell’Europa, rientra nella prima definizione data dall’ONU nella conferenza del 2000. Nei paesi dell’U.E. il fenomeno della prostituzione, si caratterizza per la consistente presenza di donne immigrate, le extracomunitarie sono stimate ad oltre un terzo della popolazione dedita alla prostituzione (oltre 500.000 presenze). L’isolamento, la non conoscenza della lingua, il passaporto trattenuto dai trafficanti, le minacce di denuncia alla polizia locale sono, insieme alla violenza fisica e morale, gli strumenti utilizzati per controllare queste donne. La principale ragione dei meccanismi di dipendenza che s’instaurano tra vittime e sfruttatori è strettamente legata alla difficoltà di trovare nel paese d’immigrazione interlocutori diversi dai propri sfruttatori, ad individuare fonti di reddito alternative, e a regolare la loro presenza. L’U.E., valuta che le donne trafficate ai fini di prostituzione, entrate nei propri confini attraverso la mediazione dei trafficanti, provengono per due terzi dall’Europa dell’Est e per un terzo dai paesi in via di sviluppo, in particolare dall’Africa del Nord. In sostanza, si può affermare che la tratta deriva da un’unica causa: la povertà estrema che colpisce intere aree del pianeta globalizzato, i paesi del sud del mondo e dell’est europeo.  Non è un caso, infatti, che le due principali organizzazioni criminali che gestiscono il traffico della prostituzione in Italia, sono rappresentate da bande albanesi e bande nigeriane. Le imprese criminali provvedono al reclutamento delle ragazze nei paesi d’origine in vari modi, ricorrendo spesso all’inganno e talvolta alla violenza diretta. L’inganno però è opportuno chiarire, non riguarda tanto il tipo di lavoro che aspetta le donne nei paesi di destinazione quanto, le condizioni nelle quali lo dovranno svolgere, il periodo di dipendenza dagli sfruttatori, la percentuale dei guadagni che potranno trattenere e sicuramente le torture che dovranno subire. La maggioranza delle donne, lavora in strada, nelle zone urbane che le prostitute di vecchia data disdegnano. Sui grandi viali di raccordo esterni alle città, offrono prestazioni a prezzi notevolmente inferiori rispetto alle prostitute europee o ai transessuali, le nigeriane raramente superano Euro 20, sono donne tutte giovani, età compresa fra i 18-26 anni, spesso sottoposte a regimi di sfruttamento e di violenza. Le donne africane, preferiscono risiedere nelle grandi città e si spostano in treno per andare a lavorare nelle cittadine o nelle strade delle province. Le donne dell’Est al contrario, sono continuamente seguite e controllate dagli uomini dell’organizzazione, uomini che nei racconti delle stesse, sono definiti “mio ragazzo”.

Analizzare la dimensione culturale che caratterizza il fenomeno della prostituzione da tratta, significa indagare il tipo di legame culturale e relazionale che caratterizza i differenti rapporti di dipendenza tra le giovani donne prostitute e le rispettive organizzazioni criminali. Questo “legame”, è attivato attraverso l’uso e la condivisione delle conoscenze, dei propri stereotipi e delle proprie credenze. In misura più concentrata quindi, tale dinamica relazionale, avviene in una struttura ben definita come quella della prostituzione criminale, dove sono individuati e distribuiti tra le parti: ruoli, norme e poteri. Questi aspetti, giocano un forte ruolo nel generare e mantenere consenso, infatti, sono proprio le modalità collusive con le quali si compongono le differenti relazioni tra i diversi attori, come prostitute, mandanti, trafficanti, organizzatori e clienti, ad orientare e a “muovere” il sistema prostituzione. Questo sistema relazionale tra le donne e l’ambiente nel quale sono inserite, assume forme e caratteristiche differenti a seconda se il contesto criminale è gestito da bande dell’Est Europa o da bande nigeriane.

In sintesi, se la “cultura” del sistema criminale dell’Est Europa, si basa principalmente nei confronti delle donne, sulla predominanza dell’azione maschile sia da un punto di vista emotivo che fisico, tanto che le stesse,  faticano a riconoscere questi uomini come criminali, nel sistema organizzato africano al contrario, i comportamenti e gli agiti nascono e si modulano in maniera differente. Gli uomini sono definiti “sponsor” incaricati del controllo e degli spostamenti delle donne, nonché delle torture da infliggere alle  stesse. Questi, sono a loro volta sotto il controllo di una figura femminile molto importante se non decisiva per l’intera organizzazione, chiamata “La Madame”, o Maman. La Madame, temuta e rispettata da tutti i membri dell’organizzazione, dirige e coordina sin dall’inizio l’intera operazione, quindi dal reclutamento delle donne dai villaggi, all’organizzazione dei trasferimenti delle stesse verso l’Europa. In realtà le Madame sono due, la prima vive e resta in Africa, dove mantiene il contatto con l’organizzazione estera. La seconda invece è già presente nel paese europeo di destinazione delle donne, tanto che è proprio lei, la prima figura che le donne incontrano una volta arrivate a destinazione. E’ sempre lei che le tiene in casa e le istruisce sui comportamenti da assumere nella strada. La Madame è così  temuta e rispettata, in quanto nell’immaginario collettivo delle gente africana, è identificata ad una vera e propria  sacerdotessa, in grado di decidere sull’intera esistenza delle proprie vittime, che con lei, sono obbligate a compiere un patto di sangue chiamato ”Voodoo”.

Il rito, ha lo scopo di impressionare e manipolare la credenza soggettiva delle persone, in questo caso delle donne vittime dell’organizzazione, diventando così vera e propria proprietà umana della sacerdotessa. Da quel momento, infatti, sarà lei a “decidere” sulla vita e sulla morte delle donne. I sistemi di condizionamento quindi anche se con modalità differenti nascono e si definiscono con le vittime sin dall’inizio, in modo da controllare l’emotività e la confusione delle donne. Non è un caso, infatti, che le giovani scelte da avviare nella prostituzione sia provenienti dall’Est Europa che dalla Nigeria, sono per la maggior parte minorenne, con una bassa scolarizzazione e che vivono in piccoli villaggi con famiglie numerose, giovani donne, con una forte motivazione ad andare via dalla miseria e dagli stenti in cui vivono. Si evince dunque, che la cultura della prostituzione, è costituita da sottoculture che è necessario differenziare nel momento in cui, si entra  a contatto diretto con tale fenomeno. Per conoscere ed intervenire in maniera efficace sulla specifica sottocultura, occorre individuare quegli elementi che possono destabilizzare le relazioni collusive che s’instaurano tra le vittime e i propri contesti d’appartenenza.

Questo è possibile attraverso una riattualizzazione delle proprie dinamiche relazionali che conferisca loro, un ampliamento delle capacità decisionali e quindi la possibilità di intraprendere una vita diversa da quella fino ad oggi condotta.